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sabato 11 febbraio 2023

Piero Montanari, a colloquio con un maestro.

Un'intervista inedita 

- di Andrea Ciaffaroni-


Ho conosciuto Piero Montanari, scomparso lo scorso 9 febbraio, il 25 agosto del 2006. Ci eravamo sentiti qualche mese prima per una coincidenza fortuita, perché da qualche parte avevo trovato il suo indirizzo e-mail e gli avevo scritto una lettera di complimenti per il suo lavoro fatto per i film di Stanlio e Ollio, e chiesto dove avrei potuto recuperare quelle musiche. Piero non solo mi rispose, ma mi invitò al suo studio a pochi isolati dal Colosseo per conoscerci e fare due chiacchiere. Il suo studio di registrazione era in disuso da tempo, e mi sembrò un bunker sotterraneo. Prima della sala, notai uno scaffale con numerosi dischi e diversi faldoni d’archivio. Sorpreso del mio interesse al suo lavoro, durante il nostro incontro Piero ricorreva a volte a questi faldoni per ricordarsi qualche data e dettagli di quel lavoro di sonorizzazione che ormai aveva accantonato: per me, era una totale scoperta, a cominciare dai titoli dei brani, e che un disco di sonorizzazione di quel materiale in effetti era stato messo in commercio per la Fonit Cetra (“Nuovo Repertorio Editoriale”) oggi un pezzo da collezione. Quel giorno gettammo il seme di quello che poi è diventato il doppio CD con le sue musiche che realizzammo insieme a Rai e DigitMovies, dopo una gestazione di quattro faticosissimi anni di ricerche, recupero, e contrattempi. 


Quella con Piero fu anche la prima intervista mai fatta in vita mia; le mie domande ingenue e la totale disorganizzazione devono avergli fatto tenerezza, senza farmelo pesare. Avevo solo 24 anni. Fu gentilissimo e probabilmente più entusiasta di me. “Era bello”, mi disse, “avere dei fan”. Io andai da lui senza prepararmi: bassista di prim’ordine da quando aveva diciotto anni, Piero aveva lavorato con tantissimi nomi noti della canzone leggera e del jazz, ma difficilmente era identificabile nei credit. Gli appassionati però lo conoscevano, e nutriva una certa stima. Quando lo intervistai, era inattivo da un po’, e mi parlò apertamente anche di questa crisi.

 

Per me, Piero Montanari era il nome che avevo letto nei titoli dei programmi di Giancarlo Governi. “Due teste senza cervello”, dedicato a Laurel e Hardy, “Pianeta Totò”, “Italiaride”, “Supergulp!”, “C’era una volta …io, Renato Rascel”. Ma poi scopro che da bassista è stato a fianco di Little Tony, i Vianella, Francesco De Gregori, Pino Daniele, Ivan Graziani, Renzo Arbore, Renato Zero ecc. e accompagno concerti e serate varie di Claudio Baglioni, Gigi Proietti, Tony Scott, Romano Mussolini.

 

Avevo paura di andare troppo nel dettaglio, e oggi mi rendo conto che fu un grave errore non farlo. Le sue storie fantastiche per fortuna le ha raccontate lui stesso nel suo blog e in altri portali che lo hanno ospitato per anni, ma intanto questo è quello che ricordò per me, sul suo lavoro per Stanlio e Ollio.

 

Appena mi fece accomandare, partì subito dicendomi: “Io ho avuto diciamo l’incarico di fare questi film dalla RAI stessa, la RAI aveva comprato i diritti [dei film di Stanlio e Ollio], ed aveva dato l’incarico a me in virtù del programma che poi avremmo fatto, di fare una sonorizzazione generale di tutto questo materiale”.

 

- Tutti quei film, una cosa monumentale.

 

- Sì, monumentale, io mi sono messo a fare tutta una serie di brani, che secondo me se tu senti sono abbastanza ripetitive… Cioè la mia musica la riconosci… è molto famosa perché io l’ho utilizzata per tutti i loro film. Pensa che c’era addirittura un musicista che lavora in RAI, si chiama Giampaolo Anellino, un bravissimo chitarrista che faceva un piccolo intermezzo in quei programmi che faceva Michele Bovi su Raidue sui personaggi dello spettacolo e della canzone; faceva delle monografie come quelle di Giancarlo [Governi], come Caterina Caselli, Lucio Battisti… Una volta questo chitarrista ha fatto un pezzo mio, perché sento in TV “Ad un vecchio amico”…[composta da Piero per L&H]. L’ho cercato, Michele Bovi mi da il telefono di questo ragazzo, un musicista molto bravo, e gli dico, “Sei molto gentile ad aver suonato un mio pezzo”, e lui, “Ma come, scusa, quale pezzo?”, “Questo qui”, “Ma come tuo, non è di Stanlio e Ollio?”, e gli dico, “Guarda no”, e mi fa, “Io ero convinto, ah complimenti un pezzo bellissimo”. E’ stato carinissimo, ci siamo spesso detti di incontrarci, ma non ci siamo mai visti. 

Però se devo essere sincero, che io mi ricordi io non ho una memoria musicale di cose importanti di Stanlio e Ollio, se non il “Cuckoo Song” e poi “Guardo gli asini che volano nel ciel”.

 

- Ah sì, “I Diavoli Volanti”.

 

- Eh, “I Diavoli Volanti”, altre cose famose della loro musica io non le ricordo. Erano più che altro giochi musicali, erano uno stile dell'epoca di sonorizzare i film, cioè la colonna sonora era continua, quindi noiosa, ti accorgevi della musica solo quando smetteva per qualche ragione.

 

- Erano due gli autori che lavoravano sempre con Stanlio e Ollio. Uno era Marvin Hatley.

 

- E quell'altro come si chiamava?

 

- Leroy Shield, che ha fatto brani musicali a "tema" come ha fatto lei, mentre Hatley ne scrisse per delle specifiche scene, ecc.

 

- Lui faceva quello che si chiamava lo “score” musicale, il film. Io invece ho fatto dei temi e poi li ho applicati sulle scene, a volte cercando di far capitare un inizio o una fine del pezzo, quindi ripetevo, tagliavo, è stato un lavoro di cesello, perché non avendo la misura esatta, a me piace molto fare dei sincronismi o quanto meno far finire la musica quando è finita la scena, e non tagliarlo sfumato. Ed allora spesso mi ricordo a volte col montatore, che ho rivisto tra l'altro qualche settimana fa, un montatore con cui ho montato la musica di tutti questi film di Stanlio e Ollio, che lavorava a Via Antonelli all' EDI FILM [Oggi “Video Sound Service”]...

 

- Si chiamava?

 

- Lui si chiama Nuccio Di Staso, noto solo come Nuccio perché lavora a Cinecittà, e sai questa gente del cinema, tra le maestranze si chiamano per nome, il cognome è molto poco usato! Quindi questo Nuccio ha lavorato per anni a Via Antonelli e si è occupato di tutta la riedizione dei film di Stanlio e Ollio: c'era anche una sala di doppiaggio dove Giorgio Ariani e Enzo Garinei venivano a doppiare, mentre io ero nelle altre stanze con la moviola, quella classica con i rulli e con i piatti... E praticamente lì abbiamo fatto tutto il lavoro di sonorizzazione, di applicazione, poi la musica veniva trascritta da nastrino su un nastro magnetico che era largo quanto la pellicola [16 o 35mm] e poi veniva infilata nella banda sonora, e io lì mi organizzavo a seconda dei sincronismi, cercavo di rispettare le scene. Mi rendevo conto, facevo un lavoro, praticamente avevo una 20-25na di brani in tutto, fra le varie versioni, ed avevo delle possibilità, tipo mandare un brano lento dello stesso tema quando era triste, poi la situazione andava veloce, allora stesso tema rifatto veloce.

 

- Come in “Habeas Corpus” dove loro erano dentro un cimitero a recuperare un cadavere, lì ha messo una musica specifica del terrore diciamo.

 

- Sì, bravo...bellissimo “Habeas Corpus”. Quanto meno ho cercato di rispettare diciamo le situazioni di, che so, loro stanno in una situazione di terrore, e quindi ci mettevo una musica di terrore. Cioè io le avevo previste, mi ero prefigurato una serie di cose, comiche, tristi, allegre, di relax, e quindi anche di tensione. E poi le ho montate a seconda...

 

- Si chiamava “Blues March” quello per il tema militare?

 

- Sì, bravo. Siccome loro spesso sono in situazioni dove fanno i militari o sono inglobati in una situazione militare tipo quella dove sono due carcerati no?




 - Ah, sì sì.

 

- Ed allora li fanno marciare, e lì ho fatto, l'ho prevista questa cosa di una piccola marcia. All'epoca lavoravo molto sulle idee, sui temi, più che sullo “score”.

 

- Allora. Mi sono trascritto più o meno i film che ha fatto per Stanlio e Ollio, però revocando la sua carriera in televisione, il suo primo contatto con Giancarlo Governi risale a “Supergulp!”

 

- Esatto.

 

- 1977 qui leggo. Esattamente, è da lì che l'ha conosciuto?

 

- No, guarda, è stata una cosa casuale conoscere Giancarlo. Io sono nato a Piazza del Colosseo, 4, palazzo davanti al Colosseo. Al numero 9, c'era una ragazza che io nel '74 ho sposato, è stata mia moglie per qualche anno. Lei aveva un negozio al numero 9, noi andavano a mangiare nel ristorante della Safa Palatino. E lì c'è stato per anni uno stabilimento di edizione cinematografica. Cosa vuol dire? Moviole, stanze con le moviole, trascrizione da musica a magnetico, e tutto quello che era prima lo stabilimento. Anche un teatro di posa, c'era. E lì c'era poi una mensa, un piccolo ristorante, e c'era questa Marcella, che era la cuoca e proprietaria della mensa, e faceva da mangiare in maniera splendida: famose le polpette di Marcella. Prima lo stabilimento era gestito da Tatiana Casini e Mario Morigi, due colonne degli stabilimenti editing del cinema romano. Tatiana è stata la montatrice di Alberto Sordi. Loro avevano questo stabilimento, si lavorava, c'erano i montatori, si faceva il missaggio, c'era Mario Morigi che è stato uno dei più grandi missatori di cinema, uno dei primi, credo che abbia inventato anche delle cose per il cinema, non so se abbia addirittura fatto modifiche sostanziali sulla “Pressa Catozzo” [strumento per tagliare ed incollare le pellicole, n.d.r.]. Immaginati che noi andavamo a magiare là, io suonavo, facevo il musicista, nel ‘74-‘75 già avevo fatto un sacco di cose, la mia carriera era iniziata discretamente bene, facevo il bassista, tu sai che la seconda parte della mia vita diciamo professionale è dedicata alla composizione, la prima parte io ho fatto il suonatore, quando avevo 17 anni già suonavo. In quel momento lavoravo con Romano Mussolini, nel suo quintetto-quartetto, facevamo concerti in tutta Italia, nel mondo, vivevo di quello, facendo il bassista. Però incominciavo a fare i miei primi dischi di sonorizzazione, le mie prime composizioni, ed a un certo punto è accaduto che mi sono trovato in questo ristorante, e Tatiana Morigi che noi conoscevamo perché veniva a mangiare all'ora di pranzo, dove si riunivano un po’ tutte le sue maestranze, mi fa: “Ah tu fai il musicista, ora ti faccio conoscere uno della RAI che è importantissimo!”, “Magari”, ho detto io, perché sai a noi “poveri musicisti” è importante che qualcuno ci dia una mano! E così un giorno mi presenta Giancarlo Governi, il quale mi disse subito, “Ah lei fa il musicista, mi faccia sentire qualcosa”. Io due, tre giorni dopo gli portai un disco che avevo fortunatamente fatto, già di musiche mie. Giancarlo ascoltò questo disco, e qualche giorno mi disse, “Ah lo sa che lei è molto bravo, complimenti mi è piaciuta molto la sua musica, vuole fare un lavoro per me?” (ride), “Veramente, non chiedo altro!”, e mi dice, “Ci servirebbe che lei facesse delle musiche per Supergulp, lei lo conosce vero?”, ed io, “Certo!”. In verità era una cosa per bambini, quindi per me non erano di mio interesse, né avevo seguito la trasmissione. E mi chiese subito di fare le musiche dell’Uomo Ragno e dei “Fantastici Quattro”. Quindi mi presentò Guido De Maria, che era la persona che aveva comprato i diritti dell’Uomo Ragno. Siccome non c'erano le colonne internazionali, bisognava rifare tutto, abbiamo rifatto tutto il doppiaggio, ed io ho fatto le musiche. E anche lì le ho realizzate a “tema”, nel senso c'erano un sacco di film da fare, e ho fatto varie situazioni musicali, soprattutto “crime music”, e ce le ho ancora tutte, le ho anche pubblicate.

 

- Quindi "Supergulp" è stata la prima esperienza con Giancarlo Governi, ma la prima in RAI?

 

- E' una bella domanda, perché come compositore…Sì, mi pare di sì, ma non mi ricordo, forse la prima importante sì, se si esclude la sigla di un programma Rai del 1971 che si chiamava “Tg l’una”.

 

- Ok. Lei ha citato Guido De Maria, che è un grande amico di Bonvi.

 

- Sì.

 

- Quindi, Bonvi, arriviamo a “Sturmtruppen”, nel 1980.

 

- Sì, perché poi Giancarlo è uno che ha sempre considerato che “squadra che vince non si cambia”, perché diciamo che abbiamo iniziato a collaborare con un buon esito, soprattutto per merito delle sue trasmissioni, non certo per le musiche, perché le musiche erano una parte piccola rispetto alla forza delle trasmissioni che lui ha creato… veramente per me è stato un maestro.

 

- Per quello che mi posso ricordare, da piccolino c'erano molti programmi di nostalgia…

 

- Ma più che nostalgia, la chiamerei “Memoria storica”, perché Giancarlo si è prefissato una specie di compito preciso, cioè quello di non far dimenticare grandi personaggi o quanto meno di farli conoscere al grande pubblico.

 

- Infatti “Due teste senza cervello” è stato l'unico programma in Italia dedicato a Stanlio e Ollio…

 

- Sicuramente. Io comunque ti posso dire che so che per fare questo programma Giancarlo andò in America e fece un giro di qualche mese attraversandola, dove intervistò, Hal Roach, Marvin Hatley.. mi ricordo che mi disse, “Guarda, l'intervista di Hatley è sensazionale”, perché lui aveva un pianoforte, non so se ti ricordi l'intervista, lui suonava un piano dove suonava le sue cose, e poi aveva tutta una serie di altri strumenti a percussione, suonava con i piedi, proprio come un “One Man Band”...eh, vecchietto, già ottantenne ma ancora bravissimo.



 

- Non ha seguito Governi?

 

- Non sono andato in America con Giancarlo, ma queste cose che ha riportato non solo me le sono viste, ma le ho anche approfondite, non dico come te che sei enciclopedico, ma sono andato a leggere i libri su Stanlio e Ollio, anche perché a me incuriosiva, a me è sempre piaciuto entrare dentro la materia  che vado poi a trattare dal punto di vista musicale, soprattutto perché non conoscevo a fondo...Ecco Giancarlo mi ha dato la possibilità di conoscere a fondo questi personaggi, come ad esempio Totò, ho fatto anche un lavoro per Totò...




 

- Governi è stato un grande biografo di Totò.

 

- Sì, secondo me è stato il più bravo…Immagina un giovane come me, quando ho fatto “Supergulp” avevo credo trent’anni, e immaginati un giovane a cui si offre una possibilità di entrare nel mondo della televisione dalla porta principale, io ero sicuramente un bravissimo bassista, e a questo ho sempre tenuto, ma niente come compositore, non avevo ancora fatto grandi cose. Insomma, sono belle le persone che te ne danno la possibilità, oggi non ce ne stanno più tante, è molto difficile che ti diano fiducia sulla base di una sensazione, perché lui aveva sentito il disco, e lì è stato fortunato perché ho sempre fatto… abbiamo sempre fatto delle cose discrete, quantomeno io vado fiero di tutta una serie di cose che ho fatto per Totò. Come “Malafemmena” di Fausto Leali. Un disco che andò in classifica. Nel 1980 Giancarlo mi disse avrei dovuto arrangiare questa canzone. Chiesi a Pino Daniele, a Bennato, ma Pino mi disse che avrebbe cantato solo le sue canzoni, mentre Bennato non so per quale motivo non la fece, così su suggerimento di Governi, scegliemmo Fausto Leali,. Lo abbiamo fatto allo Studio Quattrouno, quello di Claudio Mattone, quindi immaginati un arrangiamento un po’rock. In quel momento Fausto Leali era in una fase un po’calante, e ripartì con questa sigla. Ancora quando lo rivedo, mi da delle grandi pacche sulle spalle, mi è rimasto grato.



- E Sturmtruppen?

 

-  Facemmo una serie di puntate, sei o otto mi pare, di cartoni animati disegnati da Bonvi, il che per lui era una cosa rara, ha fatto anche “Nick Carter” è vero, però diciamo “Sturmtruppen” erano cartoni animati in semi animazione, cioè non erano animati completamente. Lì hanno perfezionato quella che era l'idea iniziale di “Supergulp!”.

 

- Nelle puntate che visto, mi ricordo la sigla che ha fatto lei, molto divertente, che tra l'altro è una delle [poche] cose che ha fatto che si trovano su internet.

 

- Bravo, perché uscì un disco.

 

- Ecco, ma le voci che sento nella sigla -

 

-Eh, canto io! (ridiamo) 

 

- L'ho risentita ultimamente, mi sembrava infatti, ma che personaggio fa?

 

- Faccio il tedesco gay: “Dalla casetta in trincea, popopò”... L'ho fatto con nastro accelerato. 

Io mi ricordo perfettamente quella riunione di registrazione, perché chiamai poi a farmi il coro quelli che generalmente facevano i cori le sigle per i cartoni animati “Manga”, un gruppo di ragazzi inglesi di Liverpool, con a capo Douglas Meakin, che ha fatto un sacco di queste sigle, anche come autore, lui lavorava molto alla RCA, e la RCA aveva l'appalto di tutte queste sigle dei cartoni, che vendevano un sacco di dischi, perché come ti ho già detto le sigle tv veicolavano dei successi musicali. 



 

- Rileggendo la sua biografia, leggo nomi con cui ha collaborato, nomi a dir poco straordinari. Baglioni, Pino Daniele, Renato Zero, Minghi, Rino Gaetano nel tour del 1979, Venditti.

 

- Guarda con Venditti ho fatto una cosa molto curiosa. Noi eravamo amici, ma non abbiamo suonato mai insieme, se non nel primo disco di Rino Gaetano, e ti dico subito la storia. Noi eravamo un gruppo di ragazzi promettenti musicisti o promettenti cantanti artisti, tra cui Antonello che ancora non aveva fatto niente. Noi facevamo capo a una casa discografica distribuita dalla RCA che era la IT DISCHI ITALIA di Micocci con annesso la casa discografica di Vianello e Franco Califano a nome APOLLO RECORDS. Noi stavamo lì, sperimentavamo, cercavamo di scrivere le canzoni, io stavo là anche senza far niente, con gli amici, Antonello Venditti, Renato Zero, Roberto Corrado…Ti dico subito che il gruppo (da ragazzi) eravamo io, Loredana Berté, Renato Zero, Mia Martini, e lui [Zero] era quello classico rompipalle che chiedeva sempre le sigarette, il passaggio con la macchina, era un personaggio carino, ma era una 'piattola'!! [scherzando]...quando poi io suonai nel primo disco di Renato, “No mamma no”, non ebbe molto successo, ma venne al mio matrimonio, facemmo vita sociale insieme, poi cominciammo a scrivere canzoni con lui, io poi avevo altri pensieri, volevo suonare il jazz, ero ambizioso, volevo diventare un grandissimo bassista…




 

- E con Venditti fate “I lupi”, nel 1977, disco di Ivan Graziani nel quale Venditti appare come “collaboratore artistico”. Con ordine, lei de “L'Inno del corpo sciolto”, cantata da Roberto Benigni, lei curò le musiche?

 

- No in quel caso ho solo suonato. Però ci tengo a dirlo, come fu con Sordi, perché mi è capitato di fare delle cose con degli artisti importantissimi, io ero nella sala registrazione con Benigni, con Sordi, dove appunto abbiamo realizzato questi due brani. Puoi immaginare con Benigni ci siamo divertiti come matti. Con Sordi idem, ma anche con Paolo Conte, siamo stati una settimana a lavorare per un disco alla RCA, e ci siamo raccontati le barzellette, abbiamo cazzeggiato dalla mattina alla sera perché lui è una persona così, fantastica.




 

- Sordi, con “E va, e va…”. Cose storiche!

 

- Ma noi non avevamo la sensazione di partecipare ad una cosa diciamo "storica". Molto spesso le cose accadono nostro malgrado, inconsapevolmente, perché dopo ce ne accorgiamo, perché me lo dicono. Per me era il lavoro. Già il fatto che andasse il giovedì o il venerdì in prima serata era una cosa storica.

 

- Appunto, a chi è venuta l'idea di fare un documentario sulla vita e l'opera di Stanlio e Ollio in RAI? A Governi o su commissione?

 

- No, all'epoca (1983-84) Governi era un dirigente di una RAI a cui era molto più legato, più sensibile rispetto a come è oggi. Lui progettava e proponeva monografie sugli artisti, e quella di Stanlio e Ollio è stato uno dei suoi successi personali più grandi. Diciamo che il suo proposito era di rivalutare artisti il cui successo si era intiepidito, raffreddato. Un valido esempio è anche Totò, che Giancarlo ha aiutato a riscoprire. C'era un periodo che andavano al Mignon, un cinema d'essai di Roma, cicli di film di Totò e che letteralmente ogni sera si riempiva. Giancarlo ha avuto l'idea, in un momento che era stato dimenticato, di riportalo in auge. Andava dal capostruttura della sua Rete e proponeva programmi del genere; quindi, l'idea su L&H è venuta sicuramente a lui. 

 

- La disponibilità era soprattutto economica, perché mi immagino Governi tornare dall'America con valigione di materiale.

 

- Lui è tornato con valigie piene di nastri e anche di dischi di Stanlio e Ollio, che mi ha regalato e che tuttora conservo. Si è rifatto alle biografie di Bann e di McCabe, ma per questa sua capacità di raccontare le storie il programma è stato un grande successo. Allora non c'era l'auditel, ma Giancarlo mi parlava di otto - nove milioni di spettatori.

 

- C'era l'argomento per ogni puntata, la comica finale, le interviste.

 

- E' stato il programma più importante che io abbia mai fatto, anche come ritorno economico è andato bene! Anche perché le comiche sono state riproposte. Sì, sono affezionato a Stanlio e Ollio. Giancarlo ha anche scritto un libro su di loro.

 

- Lei mi ha detto di essersi ritrovato questi film completamente muti.

 

- Sì, vero, trenta film, è stato bellissimo rivederli, pescavo le musiche cercando ogni volta di seguire la situazione comica, come hai potuto vedere, il risultato è stato buono!

 

- Cronologicamente, lei ha iniziato con le comiche mute o con i sonori, dove l'audio mi ha detto era rovinato?

 

- L'audio, la colonna sonora, era completamente assente, non esisteva più. 

 

- Senta, sul corto “Double Whoopee” le chiedo una cosa. Quel film era muto ma alla fine degli anni Sessanta si lavorò ad una edizione doppiata dagli americani. Lei ha fatto la stessa cosa con lo staff di doppiatori e le sue musiche, ma lo sapeva di questa casualità? 

 

- No, non ci credo! E chi lo sa perché facemmo! Non è che erano i cartelli in inglese?

 

No, proprio doppiato!

 

­- Io comunque ti dico, sono questi che leggo dall’elenco: 32 muti + 14 sonori, fra corto e lungometraggi. Quindi furono 46 film rifatti.

 

Queste sonorizzazioni, leggo, sono state trasmesse anche da Blob Soup, con il quale ha avuto problemi di diritti.

 

Sì, molti problemi. Sia con Blob Soup, che non aveva assolutamente dichiarato la cosa alla SIAE, e con le videocassette, quella della Curcio Editore (1989), poi fallita subito dopo, e mi sono fatto dare i diritti in tempo. 

 

- Parlando di Guido Leoni, direttore di doppiaggio con Giorgio Ariani e Enzo Garinei, ho notato come loro per primi si lamentassero di certe libertà negli adattamenti dei dialoghi. Un esempio, “They Go Boom”, pieno di battute per nulla fedeli all'originale...

 

- Dici che prendeva delle licenze discutibili? Ma io questo non te lo so dire perché ovviamente non ho questa tua conoscenza dei dialoghi originali, però a me sembrò tutto attinente, a parte qualche licenza...



- Due domande sulla sua carriera. Cosa ricorda di Renato Rascel?

 

Rascel era un altro straordinario con il quale ho avuto fortuna di lavorare ma anche sfortuna perché è stato difficile, verso la fine della sua carriera. Con lui ho fatto “C'era una volta Io, Renato Rascel”, nel 1986. Era difficile come persona, sia perché era già molto anziano, ma anche perché la sua malattia, la senilità precoce, aveva raggiunto un livello molto avanzato, questo suo morbo, l'Alzheimer, che lo portava a dimenticare presto le battute che aveva appena detto. Allora per fare questo lavoro sono andato a casa sua per un anno, dove cercavo nel suo archivio momenti musicali della sua vita, perché mi era venuta la “malaugurata” [sempre ironico] idea di proporre a Giancarlo un concerto che ripercorresse la sua carriera musicale. Momenti del concerto sarebbero stati inseriti poi nel programma tv. Non fu cosa facile perché Rascel nella sua carriera aveva scritto innumerevoli canzoni. Io andavo da lui per chiacchierare sulla scelta dei brani. Lo stesso Giancarlo ammise, quando cominciammo a diventare matti, che c’erano troppe canzoni, tant'è che questo concerto ha rischiato di essere abortito. Rascel, durante una esecuzione a Bologna, non voleva più rientrare in scena, è stato un momento veramente drammatico! Il teatro era pieno, la gente entrò a ingresso gratuito... ma come dico spesso, ognuno ha avuto il suo Vietnam, ecco io l'ho avuto con lui. No, veramente, Renato è stata una cosa molto dura. Cioè io mi sarei divertito molto di più, se non avessi avuto questa responsabilità. Uno stress che mi sono portato anche a casa...

 

- Questo capita quando si lavora con i "vecchi leoni".

 

- Lui era poi un vecchio leone ferito. Un po’ perché era stato messo da parte dal mondo dello spettacolo, un po’ perché aveva questa malattia… e si abbatteva per questo. Però come dire, è stata un'esperienza della mia vita, a chi interessa il racconto, la vita di Renato Rascel! Poi c'era Governi che mi premeva, “Sbrigati, bisogna fare la sigla”, e la sigla doveva farla Rascel. Alla fine, la scrissi io, perché Rascel non scriveva più da anni, io gli telefonavo, “Renato, c'è questa cosa da fare”, e lui (imitandolo), “Sì, adesso la scrivo, adesso la scrivo” ... Governi premeva da una parte, io premevo dall'altra, un giorno Renato mi telefona, “Io c'avrei una cosarella Piero, vieni qua da me?”. Lui abitava a Via delle Tre Madonne, in una casa bellissima. Lì c'era ancora il figlio Cesare, che oggi è musicista. Vado a casa sua, lui prende la chitarra, e con grandissima difficoltà fa un accordo di re maggiore. Fa questo accordo e canta, “E cammina, cammina” ... Basta. Fine. Tutto qui quello che aveva scritto. “E Cammina, cammina”. Io allora pazientemente ho preso la chitarra e ho sviluppato il pezzo insieme a lui. Si dimostrò d'accordo, diceva, “Si si, bravo, continua così, ecco questo!” Alla fine, l'ho fatta tutta io! Venne fuori questo brano, “Cammina cammina”. Io ho ancora il disco, credo unico, di questo concerto. Ne avranno stampate cento copie, ma come puoi leggere, il brano non l'ho firmato io, ma “Governi-Rascel”. (legge sull'etichetta), “Registrato al teatro Europa di Bologna il 7 e l'8 maggio 1986”.

 

- E Sordi?

 

- Non è stato per niente difficile. Sordi l’ho conosciuto tramite Giancarlo, con lui fece “Storia di un italiano”, e lì non c'entro nulla, io con loro ho fatto una cosa con Monica Vitti, non citata, di cui curai le musiche. Io feci quattro puntate per le quali fui pagato 2 milioni di lire, stiamo nel '78 giù di lì, impazzii perché non avevo mai visto una cifra simile prima! [La trasmissione si chiamava "Qualcosa di Monica… In Via Confidenziale", con regia di Roberto Russo]. Comunque, con Sordi si trattò di qualche cena, e di “E va, e va”. Parole di Migliacci e musiche di quel geniaccio di Claudio Mattone. Ha collaborato anche con Arbore.

 - Beh, e Joe D'Amato. 

 

- Ah, beh, fichissima storia quella con Aristide. 

 

- Io sono riuscito a vedere un suo film, musicato da lei, "La casa 3 - Ghosthouse".

 

- Okay, guarda. Quella [con D’Amato], diciamolo onestamente, fu una storia casuale. Adesso si guardano questi film come se fossero particolari, quando poi in realtà erano film mediocri - 

 

- Beh, D'Amato è famoso per il ruolo ricoperto nel cinema erotico. 

 

- Si. Lì mi sono dato molto da fare, anche nell'horror splatter, nell’erotico di Serie B.

 

- Le interviste che lo riguardano ne parlano sempre di una persona gentile.

 

- Si, molto carino, ho voluto molto bene ad Aristide. C'era complicità. Mi manca molto come amico, quello che puoi vedere non per forza tutti i giorni, ma saltuariamente, scherzavamo molto, mi veniva incontro anche quando per questi film non mi rientravano i soldi. Poi ho scoperto che questi film sono diventati un culto nel mondo.

 

Adesso li chiamano "Stracult". Sono stati rivalutati autori come Antonio Margheriti, Stelvio Massi, Sergio Corbucci.

 

- Si, con Edoardo (il figlio) Margheriti ho fatto " Black Cobra 3 - Manila Connection", del 1990. Io poi ero un grande appassionato di quei film horror, io me ne andavo con un mio amico nei cinema pidocchietti (cioè piccoli e sperduti), e me li sono visti tutti, come quelli con un'attrice orribile, Barbara Steele. Quando si è trattato di lavorare ad un horror come “La casa 3 – Ghosthouse”, mi ci sono tuffato senza pensarci. Poi ti dico che il titolo “La casa” non era stato depositato al copyright, quindi poteva essere utilizzato senza problemi. Lo fece Umberto Lenzi e prodotto da Massaccesi. 

 

- Ha lavorato tantissimo alla televisione. Una sigla che mi ricordo, quella di “Videocomic”.

 

- Quella sigla è una storia...la prima volta che ho utilizzato un computer per fare musica, io che ero cresciuto con la musica suonata dal vivo, fu per me difficile da capire, io poi comprai l'attrezzatura senza saperla usare. Giancarlo mi commissionò questa sigla, tra l'altro non mi è mai stata pagata dalla RAI… ma comunque era un brano di Jessel, “La Marcia dei soldatini di legno”. Io ne feci una elaborazione elettronica, e c'era una slot-machine dove appariva il volto del personaggio. Ci misi una settimana per farla perché dovetti farla due volte, perché sbagliai una funzione del computer, e la cancellai; quindi, fui costretto a rifarla un'altra volta. 

 

- Due sigle ancora, Italiaride e Ritratti. La prima è molto simile a quella di Totò Rap. 

 

- Si si, bravo, io continuai quel filone perché funzionava molto. Provai a fare la stessa cosa per Sordi, ma non piacque a Governi. Riprovai quando Governi presentò, nell'estate del 1999 credo, un ciclo di film di Sordi, si chiamava "Albertone RAP", durava neanche un minuto. Però di "Ritratti" io feci le musiche all'interno del programma, non la sigla, che è un brano di classica. 





- A giugno [del 2006, n.d.r.] per “Ritratti” sono andate in onda due puntate dedicate a Stanlio e Ollio, che effetto le ha fatto riprendere le musiche da lei create 21 anni fa?

 

- Mi ha fatto molto piacere, poi io sono intervenuto al montaggio per verificare i tagli, tu l'hai visto?

 

- Come no.

 

È la stessa storia poi, raccontata con lo stesso stile del “"Due Teste” ma come avrai visto, con un ritmo più veloce. Fortunatamente avevo ancora quel disco di sonorizzazione, quindi ho potuto inserire dei brani dove furono tagliati in precedenza. Guarda tornare sulle vecchie cose apre sempre un aspetto della coscienza che avevi chiuso, io poi ho una mentalità che guarda sempre avanti, io adesso sto facendo un percorso a ritroso, sarà per via dell'età, e quindi tutto torna nella normalità... A 60 anni cominci a pensare a quello che hai fatto, meno a quello che farai perché sei meno motivato. Io ho ancora questo studio che, come vedi, è fermo, perché non ho trovato dei ganci per andare avanti; è cambiato anche il nostro lavoro, fortunatamente io ho fatto più cose prima, non so oggi un giovane come farebbe...

 

Diciamo qualcos'altro. Lei non ha fatto molto cinema.

 

- È vero, non ne ho fatto molto. 

 

- Dice che è una delle motivazioni perché non ha sfondato?

 

- Bravo, esatto. Puoi fare televisione, tanta, ma è fare cinema, quello importante, ad esempio di comporre per film come “La Vita è Bella”, che ti da lustro. 

 

- Io continuo a dire, almeno da appassionato, qualcosa di veramente importante lo ha fatto, insieme a tutta la squadra (Governi, Ariani e Garinei), rilanciando la storia, i film di Stanlio e Ollio, a cominciare dal libro, penso la prima vera biografia pubblicata in Italia, l'analisi delle loro gag. 

 

Si, Governi ha sempre fatto questa opera di rilancio, come fu per Anna Magnani, Nannarella, Il Grande Airone, cioè Fausto Coppi. Ha questa capacità di raccontare le vite di persone che hanno avuto un'esistenza di grande valore. 

 

(il discorso degli aneddoti si allaccia ovviamente a Laurel e Hardy; al di là delle storie sul loro modo di lavorare insieme, ci soffermiamo sulla loro popolarità in Italia e del loro passaggio a Roma nel 1950; a questo proposito, Montanari mi parla di un famoso fan della coppia, Mussolini)

 

Io ho fatto intervistare Romano Mussolini, con cui suonavo, da Giancarlo, perché il papà, il Duce, a Villa Torlonia aveva una sala di proiezione privata, e ogni sera si faceva proiettare comiche di Stanlio e Ollio. “Il Grasso e il Magro”, li chiamava il Duce.

 

- Quindi, alla fine, tu dici che la mia carriera è stata brillante, al di là di Stanlio e Ollio?

 

Sicuramente, lei ha fatto brevi capitoli, ma uno più importante dell'altro! Quanto è importante il lavoro di Governi lo si vede anche grazie al suo contributo, ma non solo per L&H, ma anche - non so - quel vostro programma su Montesano in due puntate.

 

Si, molto interessante come programma. Ma vedi, io non è che ho bisogno di affermazioni, il mio pensiero rispetto ad una professione è che deve arrivare ad un culmine, che non ho ancora toccato. Adesso ho diversificato il mio lavoro, faccio anche l'editore musicale. Non mi piace moltissimo. Devo ancora capire cosa farò da grande. 



Andrea Ciaffaroni, Piero Montanari,
Giancarlo Governi, Benedetto Gemma

L’intervista finisce così, con Piero che mi ringrazia e mi regala una copia in cd di quel disco di sonorizzazione contenente alcuni brani usati per Stanlio e Ollio. Nel 1985 era uscito anche un disco 45 giri con il suo arrangiamento della famosa canzone “Honolulu Baby”, cantata da Ariani e Garinei, e nell’altro lato il brano “Stan and Babe”, la sigla del programma di Governi. Ricordo di aver chiamato Benedetto Gemma quella sera stessa. Decidemmo di recuperare tutti i brani e cercare di farne un CD per gli appassionati. Recuperare e rimasterizzare quel materiale fu davvero difficile. Piero aveva due cd nei quali aveva messo alcuni brani presi dall’unica fonte che credeva di avere, delle cassette digitali “Dat”, ormai finite in disuso, certo preziose ma che presentavano numerosi problemi. C’erano brani che si mutavano nel mezzo, ad esempio. La cosa fu in parte risolta con dei nastri a due piste che aveva Piero, che andammo a riversare dapprima a pagamento, ma il risultato non soddisfacente ci fece finire, grazie all’amico Francesco Piccardo, allo studio del compianto compositore e musicista Detto Mariano, che aveva la strumentazione necessaria. Scoprimmo che la sonorità di quei nastri era completamente recuperabile ma avevano parecchia muffa e per non rompere i macchinari di Detto, fu necessario scaldarli nel forno e sui termosifoni (!), e poi si dovette controllare le registrazioni in tempo reale. A volte si doveva fermare tutto e ripartire dopo una accurata pulizia del lettore. Altro grosso problema furono i diritti. Erano della Rai, della Warner? Neanche i diretti interessati erano sicuri di saperlo. Il budget fu in gran parte tirato fuori dalla generosità di tre soci del club “Noi siamo le colonne”, fra cui lo Sceicco Tiziano, e ci fu una distribuzione nazionale organizzata con altrettanta bontà (e nessun lucro) dalla Digit Movies di Luca Di Silverio. La perfettibilità del suono poi fu ottenuta da alcuni espertissimi ragazzi del forum di SigleTV.net. Alla fine, il materiale fu abbastanza per riempire due CD musicali: Piero era contento, e a noi non chiese un centesimo di diritti. In seguito ebbe qualche dissapore con la SIAE per alcuni dei brani citati (storia lunga), ma anche per molte cose fatte in passato. Quando il cd uscì, nel 2010, organizzammo una serata alla biblioteca “Tortora” di Roma condotta dall’autore TV Stefano Cacciagrano, alla quale presero parte Governi, Piero, Nuccio Di Staso, noi fan. Ne ho un bel ricordo, soprattutto perché Piero toccò con mano la sua diciamo “fama” come musicista: forse fu quest’occasione a spingerlo, tramite i social, a cominciare a raccontare molti momenti passati della sua carriera. A volte lo incontravo ai vari “Music-day” di Roma; in uno in particolare ricordo che assieme trovammo una copia di quel 45 giri di Stanlio e Ollio ad un prezzo stracciato, lo comprai e me lo feci firmare. Il venditore si accorse dopo chi aveva avuto davanti e provò a ricomprarmelo a 100 euro! Ce l'ho ancora, fra le cose più care che conservo nel ricordo del caro Piero. L’ultima volta che lo sentii fu quando seppi che era caduto dalla bicicletta, riportando, come si dice a Roma, un bel po’ di “bozzi”. “Piero che fai, come Fantozzi?”, gli dissi. Era una persona dolce, divertente, generosa. Quando ho saputo ieri della sua improvvisa e inaspettata scomparsa sono rimasto piuttosto dispiaciuto. Ho risentito un pezzo audio molto raro che recuperammo dai suoi archivi con Benedetto, dalle musiche di “Sturmtruppen”, con Piero (e forse anche Bonvi) che registra nello studio di Claudio Mattone un effetto sonoro di un colpo di tromba accompagnato da una pernacchia: quattro take, esilaranti, con Piero che scoppia a ridere ogni volta.

Perché è col sorriso che dobbiamo ricordare.

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